ALPAGO: AGGIORNAMENTI  DI ARCHEOLOGIA

In questi anni il Circolo ‘Amici del Museo dell’Alpago’ si è impegnato in campagne di scavo stratigrafico, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica del Veneto e in stretto rapporto di collaborazione, sia operativo che finanziario, con il Comune di Pieve, con la Comunità Montana della Conca, con la Regione e con la Fondazione Cariverona.

Gli scavi si sono svolti in due necropoli, quella romana di Staol e quella preromana di Pian de La Gnela, situate a circa 900 metri d’altitudine lungo le pendici del Monte Dolada (Pieve D’Alpago): esse hanno restituito reperti di grande importanza e pregio artistico; le necropoli sono ubicate in luoghi e a quote finora impensabili, individuate grazie alla passione e alla caparbietà di un nucleo di iscritti che hanno seguito le testimonianze degli anziani e hanno sfruttato una notevole conoscenza del territorio in questione, e più complessivamente, di gran parte dell’Alpago; vogliamo citarne i nomi: lvo Dal Paos, Gianclaudio Da Re, Paolo Battistel, Daniele Zanon, Alessandro Pajer e prima ancora Ivo Bortoluzzi.

Tuttavia l’attività del Circolo non si è fermata alla sola ricerca ma si è rivolta alle istituzioni comunali e comunitarie per ottenere l’esposizione museale dei ritrovamenti; sarà così creata una sezione archeologica all’interno del Museo di Storia Naturale di Chies d’Alpago e anche in questo specifico settore si è alle battute finali, cioè nella fase che permetterà l’esposizione dei reperti funerari nelle vetrine acquistate dalla Comunità Montana: essi consistono in urne cinerarie di bronzo o di vetro con i rispettivi corredi costituiti da fibule e monete trovate in tombe della necropoli di Staol.

Le sepolture suddette sono databili dal I al IV sec. d. C. e per esse veniva eseguito il rituale dell’incinerazione, ossia il defunto veniva cremato sulla pira e poi le ceneri raccolte venivano poste in un contenitore che poteva essere di bronzo, vetro o terracotta. Nel sito, nel quale si sono svolte alcune campagne di scavo, sono state ritrovate tutte e tre le tipologie di urna cineraria con l’aggiunta di una quarta riguardante la collocazione di ossa combuste nella nuda terra, probabilmente dentro ad un contenitore deperibile che poteva essere di stoffa o cuoio e che nel corso dei millenni si è consumato; accanto si sono rinvenute ben undici monete bronzee, risalenti al II-III sec. d.C.

Dagli interventi di scavo, effettuati dalla Società CORA di Trento con l’impegno diretto degli iscritti al Circolo e di tanti volontari, si è potuto capire come la ricchezza delle tombe, connotata dalla quantità di monete, dal bronzo e dal vetro, stia a dimostrare un ruolo preminente di questa comunità che doveva vivere in loco e forse controllava una viabilità che collegava i territori friulani e sloveni con la valle del Piave.

 

UNA SCOPERTA DI LIVELLO E PORTATA EUROPEI:

Lo scorso 23 ottobre 2004 nella Sala conferenze del Comune di Pieve d’Alpago, stracolma di gente, la Soprintendente Maurizia De Min, la dottoressa Giovanna Gangemi, il dottor Michele Bassetti della Società CORA di Trento, il restauratore Silvano Buzzarello, alla presenza del sindaco Erminio Mazzucco e del presidente del Circolo Amici del Museo dell’Alpago, hanno presentato la situla bronzea, dell’età del Ferro, istoriata datata al VI sec. a. C., scoperta nella necropoli di Pian de La Gnela. Anche in questo caso si tratta di un ritrovamento effettuato da alcuni membri del Circolo Amici del Museo dell’Alpago.

Questa volta siamo di fronte ad un oggetto artistico, si tratta sempre di un’urna cineraria, unico nel suo genere per le figurazioni che riporta nei tre registri. Siamo nell’ambito dell’arte delle situle, arte che rappresenta il più perfetto linguaggio artistico dei popoli che nel primo millennio a. C. abitavano lo spazio tra il Po e il Medio Danubio, tra Bologna e Kuffarn (Austria Inferiore) fino alle regioni hallstattiane della Slovenia (La citazione è presa dal volume "Arte delle situle dal Po al Danubio"). Per soffermarci, sia pur sinteticamente, sui contenuti delle raffigurazioni, si può di certo affermare - ha rilevato la dottoressa Gangemi - come il corteo dei personaggi che sono in marcia, nel primo registro verso sinistra e nel secondo verso destra, trovino preciso riscontro nella situla di Matrei, località del Tirolo. Il terzo registro, quello basale, mostra delle scene erotiche che ci riportano al cinturone di Brizje in Slovenia e alla situla di San Zeno in pieno ambito retico. L’unicum riguarda la scena del parto che allo stato attuale non trova paragoni in nessun altro reperto di questo tipo. Va tenuto conto che gli studi presentati il 23 ottobre a Pieve sono ancora nelle fasi preliminari, che gli scavi nella necropoli hanno consegnato anche altri reperti come i cavallini in pasta vitrea legati all’ambito Piceno, nonché vaghi in ambra e uno scettro in bronzo. In ogni caso la necropoli di Pian de la Gnela proietta l’Alpago nel pieno di traffici e scambi culturali in direzione nord – sud, esistenti tra i territori venetici ed etruschi, ed in direzione est – ovest e dunque tra i territori sloveno-hallstattiani e quelli retici; nei fatti la Conca potrebbe trovarsi lungo una fondamentale direttrice che collegava, in tempi remoti, la regione slovena e friulana con la valle del Piave; gli studi e le ricerche si indirizzeranno, nei prossimi anni, oltre che all’ulteriore scavo e studio delle necropoli, anche al settore riguardante le importanti viabilità antiche.

 

EUGENIO PADOVAN

Presidente Circolo Amici del Museo dell’Alpago