AGLI ALBORI  DELLA CIVILTÀ

L’uomo di Neandertal e le sue culture

    Era il 1856 quando nella valle di Neander, presso Düsseldorf , in una cava per l’estrazione del calcare, alcuni operai trovarono delle ossa, e soprattutto uno strano teschio. L’anatomico che le esaminò per primo, Hermann Schaafhausen, le considerò ossa umane, particolarmente robuste, di una forma umana molto arcaica. Subito divamparono le polemiche tra gli scienziati che consideravano queste ossa appartenenti ad una specie umana arcaica, secondo le ipotesi dello scopritore, e coloro che invece le consideravano i resti di un individuo patologico.

    Nel 1964 un geologo irlandese creò una nuova specie con il nome: “Uomo di Neandertal”, intendendo con questa nomenclatura sottolineare i caratteri di primitività della forma umana descritta e differenziarla dall’Homo Sapiens, cioè noi.

    Da allora tutto quanto è stato trovato, ossa, strumenti, oggetti, sepolture ecc. di questo antico abitante dell’Europa e del Vicino Oriente, ha ispirato congetture e diatribe di ogni tipo, da religioso a scientifico, non ancora del tutto sedate. Vi sono tuttora antropologi e anatomisti che negano l’esistenza di una specie “Homo Sapiens Neanderthalensis “.

    Le evidenze archeologiche comunque sono, ora, abbondanti ed eloquenti. Al giorno d’oggi i segni del suo stanziamento o del suo passaggio, sono molto ben conosciuti, anche in aree a noi vicine come il Monte Avena e le Prealpi che chiudono a sud la valle del Piave.

    Sappiamo ormai molto dei mutamenti dell’ambiente in cui è vissuto, della fauna e della flora che lo circondavano, delle sue tecniche di caccia, dei suoi rifugi all’aperto e nelle cavità della roccia, della sua spiritualità, delle sue strategie per procurarsi la materia prima più importante, cioè la selce, ed altre cose ancora. Ma molti sono gli enigmi non risolti che lo riguardano e l’alone di mistero, che fin dall’inizio delle ricerche scientifiche lo ha circondato, continua ad aleggiare.

    Ci si domanda, come mai il Neandertal si è differenziato dall’ ”Erectus”, il suo ed anche nostro antenato, ed ha subito una evoluzione singolare? È forse l’adattamento ad un ambiente decisamente ostile, che lo ha costretto a divenire particolarmente tozzo e robusto come è avvenuto, per esempio, con il freddo e il vento che hanno invaso il suo habitat durante le glaciazioni?

    Inoltre, perché si è estinto senza lasciare discendenti? È stato sopraffatto dall’uomo di Cro Magnon (l’uomo moderno) più progredito tecnologicamente e più aggressivo? O si è esaurito naturalmente il suo ciclo vitale, perché l’Uomo di Neandertal era divenuto inadatto ad un ambiente che nei millenni aveva subito imponenti cambiamenti?

    Ma anche tra i due limiti dell’esistenza di questa specie, cioè l’origine e l’estinzione, si insinuano vari problemi irrisolti.

    I ritrovamenti archeologici che ci guidano nella conoscenza dell’Uomo di Neandertal sono gli strumenti che egli costruiva percuotendo blocchi di selce raccattati nel terreno, ed ottenendo così delle schegge affilate e adatte a tagliare e a raschiare anche materie dure come le ossa ed il legno. Sono oggetti caratteristici che nel loro insieme prendono il nome di “Musteriano” o anche “Paleolitico medio”. Orbene i vari ritrovamenti musteriani presentano delle differenze tra loro, o come si dice sono di “tipologia” differente. Il problema è che con il progredire degli studi si è constato che differenti culture musteriane si trovano contemporaneamente in luoghi molto vicini, o si susseguono nei depositi con un ordine cronologico differente tra l’uno e l’altro. In pratica è come se trovassimo degli strati con macchine da scrivere dell’ottocento, poi dei computer, poi di nuovo macchine da scrivere antiche. Insomma avremmo delle difficoltà a ricostruire gli eventi.

    E ancora, vi sono delle sepolture veramente enigmatiche, e tra queste ve n’è una in Iraq, in cui l’inumato è stato deposto su un letto di fiori e poi coperto con gli stessi fiori gialli e azzurri.

    Queste particolarità hanno ispirato e ispirano a tutt’oggi interesse per una razza umana estinta da 35.000 anni, anche se è ormai scientificamente provato che i nostri diretti antenati derivano da un’altra linea filetica.

    È strabiliante notare che l’uomo di Neandertal ha colpito a tal punto l’immaginario collettivo che ancora oggi è da considerare uno dei miti più diffusi anche tra coloro che non sono cultori della preistoria.

a. sartorelli

 

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