SULLA VIABILITÀ ANTICA E RECENTE

 

 

A conclusione dello scavo al Pian de la Lora non sono mancate, da parte dei partecipanti, valutazioni e considerazioni sulla possibile organizzazione e sulla vita degli uomini del Mesolitico; per quanto si conosca molto bene l’industria litica di quel periodo, un aspetto fondamentale da approfondire riguarda la viabilità antica; infatti, riuscire ad individuare quali fossero le piste, i tracciati che i cacciatori del Mesolitico percorrevano nella zona dolomitica doterebbe il sito di un quadro di riferimento illuminante della vita stagionale dei cacciatori-raccoglitori.

Un quadro scientifico della frequentazione montana che tiene conto dei ritrovamenti mesolitici nell’area alpina, dal Trentino-AltoAdige al Veneto, è fornito da un intervento del prof. Alberto Broglio, dell’Università di Ferrara, studio pubblicato (ma anche reperibile in sito web) su ‘Uso dei valichi alpini orientali - dalla preistoria ai pellegrinaggi medievali’, Fondazione Giovanni Angelini- Centro studi sulla montagna- ed.Forum-Udine 2001. A seguire, sul Notiziario, viene proposto uno stralcio di tale lavoro.   

Quale ulteriore dimostrazione della difficoltà di spostamento attraverso le catene alpine, si propone uno scritto di Leonardo Carandini, estratto da ‘L’UNIVERSO’, rivista bimestrale dell’Istituto Geografico Militare - anno LXII, n° 3 maggio – giugno 1962  e riguardante “L’ANTICA VIA D’ALEMAGNA”, nel quale l’autore illustra la viabilità attraverso il Passo del Brennero fin di tempi più antichi.

Il testo, essendo stato redatto all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso, risente del clima di tensione che aleggiava allora in Alto Adige: ciò non incide sul quadro storico complessivo; la viabilità alpina nelle varie epoche nel tratto Innsbruck-Brennero-Bolzano viene proposta in maniera vivace e colorita pur nella serietà della approfondita ricerca bibliografica; al lettore rimane la consapevolezza delle difficoltà di affrontare viaggi e spostamenti, difficoltà presenti fino a pochi decenni fa persino per le grandi vie di comunicazione.

Per restare in argomento, ricordiamo ai lettori che nel n° 2 del Notiziario ARCA, è stata riportata la sequenza di interruzioni avvenute lungo la strada del Canale di Agordo dal 1587 al 1670, estratta da uno scritto di don F. Tamis.

Il gruppo ARCA

  

                                           Da ‘USO DEI VALICHI ALPINI ORIENTALI

                                          dalla preistoria ai pellegrinaggi medievali’

 

 

La frequentazione dei territori alpini nel Mesolitico Antico.

Dopo il rapido ritiro dei ghiacciai würmiani, nelle vallate alpine sottoescavate dall’erosione glaciale si formano ampi bacini lacustri, alcuni dei quali persistono tuttora. Ai margini del bacino della Valle dell’Adige, a monte della chiusa di Ceraino, sono venuti alla luce un buon numero di siti mesolitici, quasi tutti in piccoli ripari sotto roccia posti a quote di 200-250 m, frequentati ripetutamente tra Preboreale e Atlantico, a partire da circa 9000 anni a.C. (in termini di cronologia calibrata del radiocarbonio). Le evidenze archeologiche (strutture di abitato, lavorazione della selce, rapporto equilibrato tra strumenti e armature, fonti di sussistenza differenziate) suggeriscono trattarsi di siti residenziali nei quali l’economia di sussistenza era basata prevalentemente sulla caccia allo stambecco e al cervo, integrata dallo sfruttamento delle risorse offerte dall’ambiente lacustre, quali la pesca, la raccolta dei molluschi dulcicoli e delle uova e la piccola caccia alle tartarughe palustri. Nelle tre serie dei ripari di Romagnano, Pradestel  e Vatte analisi polliniche e faunistiche indicano per il Preboreale un clima arido-montano con vegetazione arborea dominata dal pino silvestre; tra i mammiferi di caccia prevale lo stambecco. Nel Boreale si afferma un’associazione di termofile caducifoglie, e il cervo diventa la preda più frequente. Lo studio delle industrie ha consentito di proporre una sequenza di riferimento (Sauveterriano, suddiviso in più fasi e seguito dal Castelnoviano) corredata da una sequenza di datazioni radiometriche  che  collocano la frequentazione mesolitica tra 9000 e 5500 anni a.C.

I siti montani di età  Preboreale e Boreale sono distribuiti tra lo spartiacque alpino e il margine settentrionale delle Prealpi Venete, a quote comprese tra 1900 e 2400 m, con una concentrazione massima sulle Dolomiti. La loro contemporaneità coi siti della conca di Trento, asserita sulla base delle caratteristiche degli insiemi litici, è confermata dalla datazione radiometrica; ad esempio quelle relative al Frea IV (in Valgardena) si collocano tra 9000 e 7500 anni   a.C.. Ricerche recenti nelle Alpi Orientali suggeriscono che in età Preboreale il limite superiore dei boschi si sia progressivamente innalzato fino a superare di un centinaio di metri il limite attuale. Nel corso del Boreale e dell’Atlantico il limite non si sarebbe spostato sensibilmente, anche se le associazioni vegetali si modificarono in relazione al diverso grado di umidità (attorno a 2000 m di quota): boschi di cembro, larice e pino silvestre verso la fine del Preboreale; boschi di abete rosso, cembro e larice nel Boreale; boschi di abete rosso e cembro nell’Atlantico.  I siti sono rappresentati da concentrazioni di manufatti litici che si ritrovano in situazioni morfologiche ricorrenti, e che pertanto suggeriscono una scelta operata secondo precisi modelli insediativi: campi posti in ripari sottoroccia formati da pareti aggettanti di grandi massi; campi all’aperto, in prossimità di piccoli laghi, oppure in posizioni dominanti o ancora sui valichi. La numerosità dei manufatti litici e il rapporto tra strumenti e armature consente di distinguere tra campi residenziali e bivacchi di caccia; la collocazione di questi ultimi parrebbe limitata ai valichi e alle posizioni dominanti. Raramente le ricerche hanno messo in evidenza strutture abitative (Capanna di Frea I, nell’alta Valgardena). Allo stato attuale delle ricerche due depositi soltanto, protetti dai ripari, hanno conservato i resti faunistici: Mondeval de Sora, in Val Fiorentina, dove i resti di cervo prevalgono su quelli di stambecco e Frea IV, in Valgardena, dove le due specie si equivalgono. Il ritrovamento di due denti umani decidui nel sito di Frea IV consente di avanzare l’ipotesi che in questi siti montani si sia spostato l’intero gruppo, e non solo i cacciatori.

Nel bacino dell’Adige i rapporti tra i siti di fondovalle e i siti montani sono confermati dai materiali litici utilizzati: cristallo di rocca proveniente dalle valli a nord della Pusteria; selce della formazione di Livinallongo o delle marne del Puez, reperibile nell’area dolomitica; selce delle formazioni giurassiche e cretaciche delle Alpi Meridionali. Mentre il cristallo di rocca e la selce dolomitica sono presenti soltanto in alcuni siti vicini agli affioramenti (solo eccezionalmente in siti lontani) la selce delle Alpi Meridionali è presente dappertutto, fino allo spartiacque alpino, quasi sempre con una netta prevalenza sugli altri materiali.

La distribuzione dei siti mesolitici, di età Preboreale e Boreale, suggerisce l’instaurarsi all’interno dell’area dolomitica di una rete di itinerari che attraversavano i passi e che consentivano di raggiungere le postazioni  di caccia sia gli affioramenti dei materiali litici.

 

 

 

Masso aggettante a Mondeval de Sora

 La tettoia copre la zona di scavo della sepoltura

Sullo sfondo, a destra, il Beco di Mezodì

 

Come abbiamo visto, i ritrovamenti mesolitici giungono in qualche punto fino allo spartiacque alpino e in qualche caso oltre lo spartiacque. A nord della Antholzer Tal (Val d’Anterselva) gruppi mesolitici di provenienza atesina (come suggerito dall’esame dei materiali litici, in parte locale e in parte di provenienza meridionale) si sono spinti anche oltre la Stallersatte (Passo Stalle),  2052 m, fino al sito di Hirschbichl nella Defereggental. Sul pianoro di   Ullafelsen a 1869 m di quota nella Fotschertal (Stubaier Alpen) gli scavi hanno messo in evidenza un insieme litico del Sauveterriano confrontabile coi complessi del bacino dell’Adige, ricavato da materiali di  varia provenienza. Oltre a materiali locali (soprattutto cristallo di rocca) sono presenti selci delle Alpi Meridionali (Bacino dell’Adige) e selci delle Alpi calcaree settentrionali. Questo ritrovamento suggerisce che anche il territorio nordalpino fosse frequentato e conosciuto dagli stessi gruppi di cacciatori mesolitici del versante alpino meridionale.

 

Rapporti tra i due versanti delle Alpi nel Mesolitico Recente.

L’inizio dell’Atlantico vede una modificazione significativa della distribuzione dei siti. Nella conca di Trento, ora caratterizzata da un paesaggio vegetale dominato dal querceto misto e dal nocciolo, dove tra i mammiferi di caccia prevalgono nettamente cervi e caprioli, associati ad animali da pelliccia come martore, volpi, orsi, linci e gatti selvatici, continua la frequentazione dei ripari sotto roccia. Le evidenze della caccia agli uccelli, della pesca, della piccola caccia alle tartarughe palustri, della raccolta di uova e molluschi dulcicoli si fanno più consistenti. I siti montani riferibili all’Atlantico sono relativamente rari; il quadro d’insieme dei ritrovamenti suggerirebbe che la pratica della caccia tra praterie alpine e boschi più alti venga progressivamente abbandonata. Una riprova di ciò è data dalla totale assenza di siti del primo Neolitico (che nel bacino dell’Adige è chiaramente legato al sostrato mesolitico locale) e del Neolitico medio a quote superiori a 900 m. Di questa età è la sepoltura di Mondeval de Sora, a 2150 m di quota in Val Fiorentina, datata attorno ai 6000 anni a.C., nel cui corredo sono presenti uno spillone ricavato dal metapodio rudimentale dell’alce ed un canino di cinghiale, oggetti certamente provenienti dal fondovalle.

A fronte del- l’abbandono dei siti montani, nell’Atlantico si assiste ad una diffusione di siti nell’area collinare prealpina e nelle media Pianura veneto-friulana, dove non sono segnalati siti di età preboreale e quelli di età boreale sono molto rari.

I rapporti tra i siti del Mesolitico Recente dei due versanti delle Alpi sono suggeriti dalla presenza di una particolare forma di arpone, ricavato da corno di cervo, in siti sudalpini datati attorno a 6000 anni a.C.. esemplari di questo tipo sono stati trovati in insiemi del Mesolitico recente a Romagnano III e al Dos de la Forca in Val d’Adige e nel corredo della sepoltura mesolitica di Mondeval de Sora in Val Fiorentina. Significativi sono i confronti tra l’arpone di Romagnano e i due arponi della Rheinbalme nell’alta Valle del Reno. 

 

 

 

 

             Arpone dalla sepoltura di Mondeval de Sora,

             simile a quelli di Romagnano e di Rheinbalme

 

 

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